Il 18 settembre scorso, un deposito di munizioni russo nella città di Toropets, nella regione di Tver, è stato colpito da un attacco ucraino. Il sito si trova a circa 400 km da Mosca e a 500 km da San Pietroburgo.
Le distanze sono cruciali per comprendere la possibile provenienza delle armi che hanno distrutto uno dei principali depositi di stoccaggio dell’esercito russo.
Nel 2018, il viceministro della Difesa russo aveva dichiarato che il deposito di Toropets era stato progettato per resistere ad attacchi aerei e persino agli effetti di un’esplosione nucleare.
Ora dobbiamo capire come sia stato possibile distruggere un deposito di armi convenzionali teoricamente a prova di esplosione nucleare. Due sono i fattori in gioco: il tipo di ordigno utilizzato per l’attacco e la distanza di lancio.
Gli unici due ordigni in grado di colpire e forse distruggere il deposito sono i droni kamikaze Shahed 136 e i missili balistici Storm Shadow.
I droni Shahed 136, sviluppati dall’industria militare iraniana, in particolare dalla HESA (Iran Aircraft Manufacturing Industrial Company), possono colpire obiettivi a una distanza superiore a 1.800 km. Ogni Shahed 136 può trasportare un carico esplosivo che varia tra i 30 e i 50 kg, a seconda della configurazione. La velocità di crociera è di circa 180 km/h e l’autonomia varia tra i 1.800 e i 2.500 km, rendendoli capaci di raggiungere bersagli molto lontani.
Ma sorge una domanda: quanti droni sarebbero necessari per distruggere un sito progettato per resistere a un’esplosione nucleare, considerando che il carico utile massimo di esplosivo è di 50 kg? Centinaia? Migliaia? E come sarebbe possibile che uno stormo di centinaia o migliaia di droni percorra 750 km (la distanza dal confine ucraino) alla velocità di 180 km/h senza essere intercettato?
L’ipotesi più plausibile, sebbene inquietante, è che il sito di Toropets sia stato colpito da missili balistici Storm Shadow, forniti all’Ucraina dalla Gran Bretagna.
Lo Storm Shadow è un missile da crociera a lungo raggio, sviluppato in collaborazione tra Regno Unito e Francia, principalmente dalla compagnia MBDA. È noto per la sua alta precisione e la capacità di colpire obiettivi strategici a grande distanza. La portata massima varia tra i 250 e i 560 km, a seconda della versione. Quella fornita all’Ucraina ha una portata stimata tra i 250 e i 300 km, rispettando le restrizioni internazionali sul commercio di armi.
Il missile utilizza un sistema di guida avanzato che combina la navigazione inerziale con il GPS e un sistema ottico per il confronto con immagini memorizzate del bersaglio, rendendolo estremamente preciso anche in condizioni di scarsa visibilità o di contromisure elettroniche. La testata duale è composta da una carica di penetrazione, che permette di perforare superfici fortificate o bunker, seguita da un’esplosione secondaria che massimizza i danni all’interno del bersaglio.
Lo Storm Shadow subsonico vola a una velocità media di crociera di circa Mach 0.8 (circa 980 km/h) e può volare a bassa quota per evitare il rilevamento radar.
Alla luce di queste informazioni, sembra improbabile che un attacco con droni possa aver distrutto il deposito di armi di Toropets. Tuttavia, anche l’ipotesi di un attacco missilistico appare difficile da sostenere, data la distanza di 700 km dal confine ucraino e la gittata massima dello Storm Shadow, che non supera i 300 km.
Da dove potrebbe essere stato lanciato allora un attacco missilistico in grado di distruggere un deposito di armi convenzionali russo a prova di esplosione nucleare? Il confine più vicino è quello della Lettonia, a circa 300 km dal punto delle esplosioni. La Lettonia, entrata nella NATO il 29 marzo di quest’anno, ha un governo apertamente ostile verso la Russia, guidato dal primo ministro Evika Siliņ accanita sostenitrice dell’appoggio incondizionato a Kiev e convinta che la Russia rappresenta la minaccia principale per la sicurezza dell’Europa settentrionale e quindi per il suo paese.
"Ormai non possiamo far altro che attenderci una reazione da parte della Russia, e se questa previsione si rivelasse fondata, non ci resterebbe che pregare che la ragionevolezza riprenda il sopravvento."
Stefano Becciolini
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