La BIALETTI passa ai CINESI

Servizio Video

La storica moka Bialetti, simbolo delle colazioni italiane, passa in mani straniere. L’ennesimo caso di un patrimonio industriale che abbandona il Paese.
Con un’operazione da 53 milioni di euro, Nuo Capital, fondo lussemburghese controllato dal magnate cinese Stephen Cheng, acquisirà il 78,56% delle azioni di Bialetti. Un altro pezzo della storia imprenditoriale italiana se ne va all’estero.

Stephen Cheng

Il CEO Egidio Cozzi manterrà la sua posizione e il passaggio è previsto entro giugno 2025, ma resta l’amaro in bocca per l’ennesima cessione di un simbolo di identità nazionale.

Il CEO Egidio Cozzi

Fondata nel 1919 a Crusinallo,in Piemonte, da Alfonso Bialetti come officina per la lavorazione dell’alluminio, l’azienda rivoluzionò il modo di fare il caffè con la Moka Express nel 1933.
Fu il figlio Renato a trasformarla in un’icona con l’indimenticabile “omino coi baffi” del Carosello.
Negli anni ’80, Bialetti contava 290 dipendenti e sosteneva un indotto di piccole aziende familiari, incarnando quel modello di sviluppo tipicamente italiano fatto di eccellenza artigianale e legame col territorio.

Foto storica della Bialetti nel 1919
Renato Bialetti

Dopo la cessione formale di Piaggio Aerospace, avvenuta il 27 dicembre 2024 all’azienda turca Baykar — il cui proprietario è il genero del presidente Erdoğan — ora tocca alla Bialetti, in quello che appare come un trend crescente di acquisizioni straniere di marchi storici italiani.

Se queste operazioni possono portare capitali freschi, rappresentano anche una perdita di controllo su asset strategici e quasi sicuramente ad una perdita di posti di lavoro.

Nell’area geografica della città di Omegna, situata tra il Lago d’Orta ed il Lago Maggiore, nel corso del Novecento sono nate realtà imprenditoriali storiche, note in tutta Italia e anche a livello internazionale, come:

Girmi, fondata nel 1919;
Lagostina, fondata nel 1901;
Alessi, fondata nel 1922;
e naturalmente la Bialetti.

Tra il 1980 e il 1992, queste aziende davano occupazione a circa 2.000 operai, sostenendo così centinaia di famiglie. A ciò si aggiungeva un vasto indotto locale: circa 140 imprese, da quelle familiari alle medie aziende, collaboravano con queste realtà, impiegando tra i 3.000 e i 4.000 lavoratori.

Il tutto in un contesto provinciale – quello del Verbano-Cusio-Ossola – che conta circa 154.000 abitanti.

Il Made in Italy continua ad essere apprezzato in tutto il mondo, ma rischia di diventare “Made in Italy” solo nel nome, mentre proprietà, decisioni strategiche e, potenzialmente, anche la produzione si spostano altrove.
Stefano Becciolini

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto