Il GATTOPARDO del Medio Oriente: TUTTO CAMBIA affinché NULLA CAMBI

La recente caduta del governo siriano senza resistenza militare e l’assenza di interventi da parte di alleati storici come Russia e Iran hanno rimodellato la scena geopolitica mediorientale. Questo evento ha sollevato interrogativi su possibili accordi diplomatici tra Russia e Stati Uniti, sotto la nuova amministrazione di Donald Trump, mirati a risolvere il conflitto ucraino a scapito della Siria.

La caduta del regime siriano e l’inazione degli alleati
Il rapido collasso del governo di Bashar al-Assad ha sorpreso molti osservatori internazionali. L’assenza di un intervento deciso da parte di Russia e Iran, storici sostenitori del regime, suggerisce un possibile cambiamento nelle dinamiche delle alleanze regionali. La Russia, impegnata nel conflitto ucraino, potrebbe aver riconsiderato le sue priorità strategiche, lasciando la Siria vulnerabile. Allo stesso modo, l’Iran, affrontando sanzioni internazionali e tentativi di destabilizzazione interne guidate dall’Occidente, potrebbe non aver avuto la volontà politica per intervenire.

Possibili accordi tra Russia e Stati Uniti
L’elezione di Donald Trump ha introdotto nuove dinamiche nella diplomazia internazionale. Durante la campagna elettorale, Trump ha espresso l’intenzione di risolvere rapidamente il conflitto ucraino, suggerendo un approccio più conciliatorio verso la Russia. Secondo alcune fonti, il suo piano potrebbe includere concessioni territoriali all’Ucraina in favore della Russia, come il riconoscimento dell’annessione della Crimea e l’autonomia per le regioni del Donbass . Questo ha sollevato preoccupazioni a Kiev e tra gli alleati occidentali, poiché tali concessioni potrebbero indebolire la sovranità ucraina e stabilire un pericoloso precedente nel diritto internazionale.

L’intervento israeliano in Siria
Parallelamente, l’esercito israeliano ha attraversato il confine siriano per la prima volta dal 1973, occupando la zona cuscinetto del Golan. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che questa mossa è una misura difensiva temporanea per proteggere le comunità israeliane, data l’instabilità in Siria . Tuttavia, questa azione è vista da alcuni come un passo verso la realizzazione del concetto di “Grande Israele”, ampliando l’influenza israeliana nella regione. Netanyahu ha sottolineato che la caduta del regime di Assad offre nuove opportunità strategiche per Israele, indebolendo l’asse Iran-Siria-Hezbollah .

Il ruolo ambiguo della Turchia di Erdogan
Un attore chiave che non può essere ignorato nel complesso scenario mediorientale è la Turchia di Recep Tayyip Erdogan. Ankara mantiene un ruolo ambiguo e si muove con grande abilità diplomatica, cercando di bilanciare diverse alleanze e interessi spesso in conflitto tra loro. Da un lato, Erdogan strizza l’occhio alla Russia e ai BRICS, partecipando a incontri e rafforzando i legami economici e strategici con queste potenze emergenti. Dall’altro, la Turchia rimane un pilastro fondamentale dell’alleanza NATO, ospitando una delle basi militari più grandi e strategicamente rilevanti per l’Occidente, quella di Incirlik.
Parallelamente, Erdogan ha mantenuto rapporti strategici con Israele, nonostante le tensioni e i contrasti passati, collaborando su questioni economiche e di sicurezza. Questo posizionamento a tutto campo riflette l’ambizione di Erdogan di trasformare la Turchia in una grande potenza regionale, riprendendo le ambizioni imperiali dell’Impero Ottomano. Il presidente turco sembra voler sfruttare l’instabilità della regione per riaffermare l’influenza turca, bilanciando sapientemente le sue alleanze senza compromettere il proprio margine di manovra.

Conclusione
Gli eventi recenti in Siria e le nuove dinamiche internazionali dimostrano ancora una volta come gli interessi delle grandi potenze, in questo caso Russia e Stati Uniti, prevalgano tragicamente sul bene e sulla pace dei popoli del Medio Oriente. Questa regione, storicamente divisa da conflitti religiosi e rivalità settarie, continua a essere teatro di un gioco geopolitico dove la sofferenza umana è spesso ignorata. Le strategie di Mosca e Washington non sembrano mirare alla stabilità o alla prosperità delle popolazioni locali, ma piuttosto a consolidare le proprie sfere di influenza globale.
Con l’elezione di Donald Trump, si profila uno scenario ancora più complesso. Per mantenere il potere, il nuovo presidente dovrà inevitabilmente accontentare i potenti gruppi di pressione che lo hanno sostenuto, inclusa quella “lobby sionista” che ha contribuito in modo determinante alla sua vittoria. Le scelte politiche di Trump, dunque, sembrano destinate a riflettere compromessi che, anziché risolvere i conflitti, rischiano di rafforzare vecchie logiche di dominio e sfruttamento.
In questo contesto, l’azione israeliana in Siria rappresenta l’ennesima tessera di un mosaico in cui nulla avviene per caso. Il sogno di Netanyahu di una “Grande Israele” trova terreno fertile nell’instabilità regionale, ridisegnando i confini a vantaggio di un’agenda che rispecchia interessi nazionali ben precisi.
Alla luce di tutto ciò, si può tristemente concludere con la celebre massima del Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi.” Le apparenze di trasformazione, in realtà, non fanno altro che perpetuare gli equilibri di potere esistenti, lasciando il Medio Oriente in un ciclo infinito di conflitti e manipolazioni.
Stefano Becciolini

1 commento su “Il GATTOPARDO del Medio Oriente: TUTTO CAMBIA affinché NULLA CAMBI”

  1. Becciolini, l’ascolto di queste registrazioni “artificiali” non mi piace. Una lettura “umana” non è possibile?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto