CONGO DEMOCRATICO: cosa succede a GOMA?

Qualche breve nota su fatti recenti per inquadrare quanto sta accadendo nel Congo Democratico, e capire cosa significa la caduta della capitale del Nord Kivu, Goma.

Nel 2018 si chiude l’era Kabila, succeduto a soli 29 anni al padre assassinato nel 2001. L’anno seguente viene eletto Felix Antoine Thsisekedi Thsilombo, figlio di Etienne Tshisekedi, esponente politico eminente durante la dittatura di Mobutu Sese Seko, passato all’opposizione del Colonnello nel 1979. Etienne, soprannominato il “Mandela congolese”, si candida contro Kabila alle presidenziali del 2010, uscendone sconfitto. Muore nel 2017.

L’elezione del figlio nel 2019 è controversa per le immancabili accuse di massicci brogli elettorali, ma anche carica di aspettative. Da subito tuttavia cominciano a circolare voci di accordi segreti sussistenti fra Fatschi (soprannome di Antoine Thsisekedi) e Paul Kagame, il presidente rwandese salito al potere dopo il genocidio del 1998. L’esistenza di questi accordi concernenti lo sfruttamento delle risorse minerarie congolesi è confermata nel 2023 da Fortunat Biselele, detto Bifort, potentissimo consigliere di Fatshi caduto in disgrazia. Bifort, membro di punta delle negoziazioni fra la junta congolese e il Rwanda, si reca più volte a Kigali e parla esplicitamente di “interessi oscuri” alla base degli accordi fra i due presidenti.

Il Rwanda, piccolo paese protettorato anglo-americano governato dal pluriomicida Paul Kagame ha, insieme all’Uganda dell’altro presidente eterno Museveni, sempre alimentato una guerra ibrida contro il Congo tesa a sfruttare le risorse minerarie del gigante africano, facendo oltretutto leva su un numero consistente di rifugiati rwandesi in Congo membri dell’etnia Hutu colpevole del genocidio dei Tutsi, mai rientrati in Rwanda. Questi gruppi combattenti costituirono l’ossatura dell’M23 che si pensava disciolto nel 2012, specialmente in seguito alla condanna a l’Aja del suo leader, Bosco Ntaganda.

Il Congo, in particolare l’est del paese, è stato definito uno “scandalo geologico” a causa delle enormi ricchezze minerarie: terre rare – fra le quali troviamo il coltan, indispensabile per la costruzione di semi-conduttori presenti in tutti i devices digitali – rame ma anche litio e cobalto, materiali di larghissimo impiego nelle fabbricazione di batterie, il cui fabbisogno è schizzato alle stelle in obbedienza al comandamento della transizione verde che vede nell’elettrico, in particolare l’automotive, il nuovo imperativo europeo.

Da diversi lustri il Rwanda conduce una proxy war contro il Congo, assicurandosi lo sfruttamento illegale delle miniere nel Kivu con l’avallo delle massime autorità congolesi. In questo quadro Goma, il terzo aeroporto internazionale del paese dopo la capitale Kinshasa e Lubumbashi, città industriale e capitale della provincia irredentista del Katanga (Goma che è anche il principale porto commerciale sul lago Kivu, essendo al confine col Rwanda) è una preda geopolitica ambitissima. A completare il quadro il fatto che nel lago Kivu sono stati scoperti enormi giacimenti di gas naturale parzialmente sfruttati dal Rwanda. Se Goma restasse sotto il controllo dei terroristi dell’M23, il Rwanda si garantirebbe che il Congo non sfrutti i giacimenti di metano che dormono in fondo al Kivu per tutta la durata dell’occupazione. Goma potrebbe persino diventare la Berlino africana.

La presa di Goma – Fatshi, rieletto nel 2023, si è ben guardato dal mettere l’esercito congolese in condizioni operative sufficienti temendo un colpo di stato ordito dai militari, mentre sta equipaggiando la Guardia Presidenziale, corpo scelto a protezione del presidente indipendente dallo Stato Maggiore delle Fardc, l’esercito regolare congolese, – da parte dell’M23 rappresenta uno scacco brutale alla “politica dell’equilibrio” col Rwanda perseguita da Tshisekedi, funzionale magari anche a proteggere gli interessi oscuri di cui parla l’ex consigliere speciale Bifort. Il grave errore di Fatshi è stato sottostimare le ambizioni di Kagame, uomo dotato di cinismo efferato ma anche raffinata intelligenza strategica che ne ha garantito la longevità politica. Qualità ed esperienza che sembrano mancare al congolese.

Goma però non è solo miniere e geopolitica: è anche il principale polo agricolo del paese, sorgendo su un terreno vulcanico straordinariamente fertile. Oltre ai massacri in corso, ai profughi e alla crisi geopolitica che minaccia di trascinare l’Africa Centrale in una guerra dalle conseguenze imprevedibili, se la situazione non dovesse stabilizzarsi espone tutto il Congo ad una pericolosa crisi alimentare.

A parte l’ingaggio di milizie mercenarie provenienti dai Balcani – Romania, Bulgaria ed ex Jugoslavia – le contromisure del governo di Kinshasa si sono limitate ad invocare l’intervento della Sadc, la Comunità di Sviluppo dell’Africa Meridionale, il che potrebbe persino facilitare la balcanizzazione della regione: è improbabile che l’intervento dei paesi membri avvenga per mere ragioni umanitarie, specie dopo che il Congo ha perso il suo diritto a presiedere la Comunità non avendo versato per anni i contributi previsti.

A complicare ulteriormente il quadro, la smobilitazione quasi ultimata della Monusco, la più antica missione di peace-keeping nel mondo che ha cominciato a levare le tende a febbraio 2024. Il ritiro è sospeso da luglio 2024, ma è escluso che il contingente attuale possa fungere da deterrente o semplice forza di interposizione.

Dove cercare i mandanti dell’ennesima catastrofe umanitaria africana? Se da un lato molti leader africani non fanno molto per non apparire come burattini nelle mani di esperti pupari – del resto, la stessa sensazione ha ormai travolto anche leader europei – dall’altro possiamo formulare qualche ipotesi basata su fatti di cronaca passati in sordina.

Gli indizi maggiori sono due: il primo, la legge sulle deportazioni dei migranti irregolari in Rwanda approvata dal parlamento inglese sotto il governo Sunak approvato nell’aprile 2024: questa sì una deportazione in piena regola passata sotto silenzio. A quanto pare sospeso dal governo Starmer, solo dopo aver versato la prima tranche di 280 milioni di sterline al Rwanda che avrebbe dovuto accogliere i profughi. Profughi che, secondo alcuni analisti africani, avrebbero potuto costituire un esercito mercenario di tutto rispetto.

Il secondo è l’incontro fra la presidente della Commissione UE Von der Leyen e il presidente Kagame, avvenuto nel 2023. Von der Leyen ha sottoscritto con Kagame un accordo denominato Global Gateway, che nella parte che riguarda il Rwanda riguarda precisamente il miglioramento dello sfruttamento delle risorse minerarie e prevede un primo stanziamento di 900 milioni di euro. Il fatto curioso è che il sottosuolo rwandese è del tutto privo di risorse minerarie.

Il sospetto che la Gran Bretagna intenda prendere due piccioni con una fava, liberandosi dell’immigrazione sgradita e fornendo un esercito mercenario (si parla di 50 mila uomini il primo anno) ad un partner strategico, e la Ue finanzi le infrastrutture necessarie alla ripartizione del bottino minerario congolese non può essere del tutto accantonato.

Se così fosse, si tratterebbe di una micidiale trappola geopolitica in grado di garantire decenni di guerra a bassa (o anche alta) intensità, una lenta erosione di risorse strategiche e affari d’oro per la torsione verde che si intende imprimere all’Europa deindustrializzata. Per queste ragioni che ho provato a rappresentare sinteticamente, la sorte di Goma e dei congolesi ci riguarda tutti.

Di certo appare come il segnale tangibile di un’élite pronta a tutto per difendere i “nostri valori”, specie se si presentano sotto forma profitti triliardari per un manipolo di lobbisti, congiuntamente al controllo di un’opinione pubblica impoverita ormai catatonica e incapace di reagi.
Mattia Spanò

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