
In un momento particolarmente delicato per le relazioni tra tech e politica, la Francia ha deciso di puntare i riflettori su X, l’ex Twitter di Elon Musk. L’apertura di un’indagine sui presunti pregiudizi algoritmici della piattaforma solleva più domande di quante ne risponda, soprattutto sulla tempistica di questa mossa.

Un’Indagine dal Tempismo Sospetto
Non può essere una coincidenza che questa inchiesta arrivi proprio mentre l’Europa si prepara a cruciali elezioni come quella in Germania del 23 febbraio e il dibattito sulla regolamentazione dei social media raggiunge il suo apice. La domanda sorge spontanea: perché proprio adesso? La preoccupazione espressa dal deputato Eric Bothorel potrebbe essere legittima, ma non possiamo ignorare che gli algoritmi dei social media sono stati oggetto di dibattito da anni, ben prima dell’acquisizione di Twitter da parte di Musk.
Il Vero Obiettivo: Algoritmi o Influenza?
L’indagine si concentra formalmente sulla “distorsione del funzionamento di un sistema automatizzato”, ma leggendo tra le righe emerge un quadro più complesso. Il riferimento alle posizioni politiche di Musk e all’uso della piattaforma per sostenere cause di destra suggerisce che il vero oggetto del contendere potrebbe essere il controllo dell’influenza politica sui social media.
La minaccia di sanzioni fino al 6% del fatturato o addirittura l’oscuramento in Francia e successivamente nell’intera Unione Europea della piattaforma, rivela la posta in gioco. Non si tratta solo di algoritmi, ma di una più ampia battaglia per il controllo dell’informazione digitale. La Francia, posizionandosi in prima linea in questa battaglia, sembra voler lanciare un messaggio chiaro non solo a X, ma all’intero settore tech.
Mentre l’unità di criminalità informatica conduce le sue verifiche tecniche, dobbiamo chiederci: questa indagine serve davvero a proteggere la democrazia o è uno strumento di pressione politica? La tempistica dell’iniziativa, combinata con le recenti tensioni tra Musk e l’UE, suggerisce che potremmo essere di fronte a un uso strategico del potere giudiziario per influenzare il comportamento di una piattaforma social.
Quest’inchiesta, al di là dei suoi esiti, segna un punto di svolta nel rapporto tra Stati e piattaforme social. Ma il rischio è che, concentrandoci troppo sui pregiudizi algoritmici, perdiamo di vista il quadro più ampio: la crescente tensione tra libertà d’espressione e controllo dell’informazione. La vera domanda non è se gli algoritmi di X siano distorti, ma chi dovrebbe avere il potere di definire cosa costituisce una “distorsione” accettabile nel discorso pubblico digitale.
Stefano Becciolini
ATTENZIONE: non sottovalutiamo l’intervento di Sergio Mattarella del 5 febbraio scorso all’Università di Aix-Marseille dove tra le avarie cose ha nesso in guardia contro il nuovo “feudalesimo digitale”. Il riferimento a Elon Musk è stato palese. CLICCA QUI PER APPROFONDIMENTI