ITALIA 2012-2022 si completa L’AFFONDAMENTO PIANIFICATO sul BRITANNIA

Tra il 2012 e il 2022, l’Italia ha vissuto un periodo di profonda crisi, segnato da eventi che hanno scosso le fondamenta economiche, politiche e sociali del Paese. Un decennio di austerità, stagnazione e disuguaglianze crescenti, culminato con l’impatto devastante della pandemia, che ha reso evidente l’incapacità sistemica di affrontare le sfide. Analizziamo in dettaglio le dinamiche di questo tracollo.
La crisi del debito sovrano del 2012: il momento cruciale
Il 2012 segna un punto di svolta drammatico. L’Italia, già sotto pressione a causa della crisi del debito sovrano europeo, si trovò a fare i conti con il governo tecnico guidato da Mario Monti. Un esecutivo incaricato di “salvare” il Paese dal default, ma che, invece, scelse la via dell’austerità a tutti i costi.

Le misure adottate – tagli alla spesa pubblica, aumenti delle tasse e riforme fiscali – produssero risultati contrastanti. Se da un lato stabilizzarono i conti pubblici nel breve termine, dall’altro generarono una crisi sociale senza precedenti:

Disoccupazione alle stelle: quella giovanile superò il 35%, mentre il tasso generale si fermò intorno al 12%, segnando un primato negativo.

Tagli ai servizi essenziali: sanità, istruzione e investimenti infrastrutturali furono sacrificati, indebolendo il welfare.

Perdita di potere d’acquisto: l’aumento dell’IVA e delle imposte sul reddito colpì duramente famiglie e imprese.

Il risultato fu devastante: una nazione già fragile perse ulteriormente fiducia nelle istituzioni, mentre il tessuto economico – fatto di piccole e medie imprese – veniva compromesso irreparabilmente.

Il decennio successivo fu caratterizzato da interventi strutturali spesso inefficaci. Tra questi, il Jobs Act del 2014, voluto dal governo Renzi, si presentò come la riforma chiave per rilanciare l’occupazione. Tuttavia, i risultati furono deludenti:
Crescita economica al palo: il PIL italiano rimase cronicamente al di sotto dell’1% annuo, un risultato ben lontano dalla media europea.
Bassa produttività: aggravata dall’assenza di investimenti in innovazione e dalla scarsa competitività del sistema produttivo.
Debito pubblico fuori controllo: nel 2019 raggiunse il 135% del PIL, dimostrando l’incapacità di invertire la tendenza.

Le famiglie italiane furono le principali vittime di questo immobilismo. L’erosione costante del reddito disponibile, sommata alla precarizzazione del lavoro, approfondì il divario tra ricchi e poveri, trasformando la disuguaglianza sociale in un problema drammatico.

La pandemia: il colpo di grazia
Nel 2020, l’emergenza sanitaria del COVID-19 rappresentò il punto di rottura definitivo per l’economia italiana.
L’interruzione delle attività produttive e le restrizioni portarono a una contrazione del PIL dell’8,9%, tra le peggiori nei Paesi sviluppati.
Ma i numeri economici raccontano solo una parte della storia. La pandemia amplificò le disuguaglianze esistenti e generò nuove forme di povertà:
Record di povertà assoluta: 5,6 milioni di persone vivevano in condizioni di estrema difficoltà economica.
Imprese al collasso: circa 390.000 aziende chiusero i battenti, causando una perdita di quasi un milione di posti di lavoro.
Le piccole e medie imprese, già messe in ginocchio dalle politiche di austerità degli anni precedenti, furono il bersaglio più vulnerabile. La mancanza di un sostegno adeguato da parte dello Stato rese inevitabile una catena di fallimenti e licenziamenti.

Il decennio 2012 -2022 è la cronaca di un fallimento annunciato. Le politiche di austerità, lontane dall’essere una cura, hanno aggravato le fragilità strutturali del Paese. Le riforme introdotte – spesso più simboliche che sostanziali – non sono riuscite a rilanciare un’economia in stagnazione.

Poi arrivò la guerra in Ucraina, o l’invasione russa, come si preferisce chiamarla. Un conflitto che le forze europeiste neoliberali sfruttarono per infliggere un ulteriore colpo al già fragile tessuto sociale ed economico del nostro Paese. Politiche scriteriate di bellicismo e sanzioni economiche contro la Russia innescarono una spirale di conseguenze devastanti: bollette elettriche e del gas alle stelle, un’impennata incontrollabile dei prezzi dei beni di prima necessità. Le famiglie, già provate, si ritrovarono sull’orlo del baratro, schiacciate da un impoverimento sempre più insostenibile.

Eppure, in questa analisi, non ho ancora toccato il colpo più duro, quello inferto alla democrazia stessa.

Era il 2021, quando il governo Draghi, sostenuto da un parlamento complice e avallato dal primo cittadino della Repubblica, spezzò l’Italia in due. Una ferita profonda, che divise il Paese, generando sofferenze, ineguaglianze e tensioni sociali che si ripercuoteranno come un’onda lunga sul nostro futuro. Una pagina nera della nostra storia, scritta con il sangue di chi ha pagato il prezzo più alto.

Ma tutto iniziò molto più lontano nel tempo e precisamente il primo giugno 1992 a largo di Civitavecchia sul panfilo Britannia.
Stefano Becciolini

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto