
Durante la prima fase della pandemia di Covid-19, l’Italia si è trovata ad affrontare una grave carenza di dispositivi di protezione individuale (tra l’altro risultate inutili). In questo scenario di presunta emergenza, Domenico Arcuri, in qualità di commissario straordinario, fu incaricato di gestire l’approvvigionamento di materiale sanitario essenziale per fronteggiare la crisi.
L’indagine dei magistrati si è concentrata su una maxi-fornitura di mascherine dalla Cina del valore di 1,25 miliardi di euro, per un totale di oltre 800 milioni di dispositivi. L’operazione, realizzata attraverso l’intermediazione di alcune imprese italiane, ha attirato l’attenzione degli inquirenti per le modalità di gestione e l’entità dell’investimento.
Le accuse iniziali:
Il procedimento giudiziario ha attraversato diverse fasi:
1. Inizialmente, Arcuri dovette fronteggiare accuse multiple, tra cui corruzione e peculato
2. Queste accuse più gravi sono state successivamente archiviate
3. L’abuso d’ufficio è rimasto l’unico capo d’accusa residuo fino alla recente sentenza
L’assoluzione:
La conclusione del processo ha visto l’assoluzione di Arcuri con una formula particolare: “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato”. Questa formulazione è diretta conseguenza della recente abrogazione del reato di abuso d’ufficio dal codice penale italiano.
Implicazioni legali più ampie:
Il caso presenta interessanti risvolti giuridici:
1. La questione di costituzionalità sollevata per gli altri imputati riguardo al reato di traffico di influenze illecite
2. Il rinvio degli atti alla Corte Costituzionale, che dovrà pronunciarsi sulla legittimità dell’attuale formulazione del reato
3. L’impatto dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio su questo e altri procedimenti simili
Il caso Arcuri rappresenta un esempio significativo di come le modifiche legislative possano influenzare l’esito di procedimenti giudiziari in corso. La vicenda solleva inoltre importanti questioni sul delicato equilibrio tra la necessità di agire rapidamente in situazioni di emergenza e l’esigenza di garantire trasparenza e correttezza nell’utilizzo delle risorse pubbliche.
Vorrei osare di più con il caso Arcuri.
Si potrebbe in futuro, per qualsiasi tipo di emergenza, invocare la “ragion di Stato“, principio applicato al caso “Almasri”, per giustificare l’adozione di misure eccezionali da parte dei governanti per garantire la sicurezza e la sopravvivenza dello Stato, anche derogando a leggi o principi morali.
ORIGINI DEL PRINCIPIO:
Questa dottrina politica emerse nel XVI secolo come concetto filosofico che legittimava l’adozione di misure eccezionali da parte dei governanti, anche in deroga alle leggi o ai principi morali, per garantire la sicurezza e la sopravvivenza dello Stato. Giovanni Botero, nel suo trattato del 1589, la definì come “notizia di mezzi atti a fondare, conservare e ampliare un dominio”.
Tale filosofia ha ispirato il governo statunitense dopo l’11 settembre, portandolo ad adottare misure straordinarie che sacrificavano diritti civili e libertà individuali in nome della sicurezza nazionale:
1. Patriot Act (2001)
2. Programma di detenzione e tortura (Enhanced Interrogation Techniques)
3. Guantanamo Bay (2002)
Extraordinary Renditions (Rendition Program)
4. Sorveglianza di massa (NSA leaks – Edward Snowden, 2013)
Sebbene in alcuni contesti emergenziali questo principio possa apparire necessario, esso entra in conflitto con i fondamenti democratici. L’opacità decisionale, l’assenza di controllo pubblico e la possibile violazione dello Stato di diritto rappresentano i suoi principali pericoli. Inoltre, il suo abuso porta spesso a una deriva autoritaria, minando la fiducia nelle istituzioni e giustificando scelte politiche discutibili in nome di un presunto “bene superiore”.
Questa dottrina, se non adeguatamente regolamentata, può minare la democrazia e lo Stato di diritto. Sebbene possa essere giustificata in situazioni di emergenza, deve essere sempre sottoposta a limiti chiari, controlli democratici e trasparenza. In caso contrario, rischia di trasformarsi in un alibi per decisioni arbitrarie, favorendo l’abuso di potere e riducendo la sovranità popolare.
Stefano Becciolini